La tassazione delle criptovalute nell’IRPEF: ciò che ogni investitore professionale o privato deve sapere
lunedì 16 dicembre 2024
Marcos San Martín
Il mercato delle criptovalute sta facendo molto parlare di sé nel 2024. Bitcoin, il pioniere degli asset crittografici, sta mostrando una tendenza rialzista che lo ha portato ai suoi massimi storici nel 2024, raggiungendo i 100.000$ e suscitando così grande entusiasmo tra gli investitori. Tuttavia, questo boom porta anche al centro del dibattito un tema cruciale: la tassazione ai fini IRPEF dei guadagni ottenuti attraverso le criptovalute.
Così, il recente aumento del prezzo delle criptovalute non rappresenta solo un’opportunità per chi vi ha investito, ma anche una responsabilità nei confronti delle autorità fiscali. Trattandosi di un asset digitale dal valore fluttuante, la detenzione e la trasmissione di tali criptovalute, così come le attività associate a queste operazioni, generano atti che possono essere soggetti a imposizione sia diretta che indiretta.
Di seguito esamineremo alcune delle implicazioni fiscali nell’ambito operativo delle criptovalute dal punto di vista dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche.
Tassazione in imposizione diretta delle persone fisiche (IRPEF)
Conformemente all’articolo 6 della Legge 35/2006, del 28 novembre, sull’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (d’ora in avanti LIRPEF), l’IRPEF tassa l’ottenimento di reddito da parte del contribuente, purché sia considerato residente a fini fiscali in Spagna.
Tra le operazioni legate alle criptovalute che possono generare reddito per il contribuente, spiccano essenzialmente: (I) L’ottenimento di criptovalute nel mercato primario attraverso il cosiddetto processo di mining e, (II) la trasmissione di criptovalute (come asset in sé in cambio di una valuta, o come mezzo di pagamento per l’acquisto di beni o servizi).
I. Ottenimento di criptovalute attraverso il mercato primario mediante il procedimento di mining
In primo luogo, e in modo molto riassunto, bisogna capire che cos’è il mercato primario nel contesto delle criptovalute e il cosiddetto processo di mining.
Per quanto riguarda il mercato primario, potremmo dire che è il luogo in cui viene offerto per la prima volta al pubblico un nuovo asset digitale, cioè in questo mercato si offrono criptovalute di nuova creazione che non erano mai state di proprietà di nessuno in precedenza.
In questo senso, in alcune criptovalute come nel caso di Bitcoin, il mining è il meccanismo principale per l’introduzione di nuove monete nel mercato primario e per validare le transazioni in una rete blockchain, che è una sorta di libro contabile virtuale. Per realizzare questo processo, i miner utilizzano apparecchiature informatiche per risolvere complessi problemi matematici.
Il compito dei miner è remunerato, poiché quando le criptovalute vengono minate si fornisce un prezioso servizio alla rete blockchain: la registrazione e la validazione decentralizzate delle transazioni. Di conseguenza, quando un miner risolve il problema logico-matematico posto dalla rete, viene ricompensato con un incentivo, che consiste in un insieme di unità della criptovaluta minata nel cosiddetto mercato primario.
Detto ciò, passando ad analizzare la potenziale tassazione in IRPEF che può avere l’ottenimento di questo incentivo da parte dei miner – intendendo che siano persone fisiche –, ai fini dell’IRPEF il reddito ottenuto dalla loro attività di mining potrebbe rientrare nelle seguenti categorie di reddito: (I) redditi da lavoro, (II) redditi da attività economiche o (III) plusvalenze e minusvalenze patrimoniali.
- Reddito da lavoro: Tenendo conto di quanto disposto dall’art. 17 della LIRPEF, affinché i redditi ottenuti dal miner siano qualificati come redditi da lavoro sarebbe necessario che questi prestasse i propri servizi nell’ambito dell’organizzazione di un terzo dedicato all’ottenimento di nuove criptovalute, il tutto in regime di subordinazione e dipendenza. Tuttavia, considerando il funzionamento della creazione della criptovaluta, risulta difficilmente inquadrabile il reddito ottenuto dai miner come reddito da lavoro, poiché non si conosce la persona fisica o giuridica che controlla ed è responsabile dell’emissione originaria delle criptovalute.
- Redditi da attività economiche: L’interpello vincolante V3625-16 della DGT si esprime a favore della qualificazione dell’attività di mining di monete virtuali come attività soggetta all’Imposta sulle Attività Economiche, dato che soddisfa i seguenti requisiti: (I) attività svolta in territorio nazionale e (II) l’attività comporta un’organizzazione in proprio dei mezzi di produzione e/o delle risorse umane con la finalità di intervenire nella produzione o distribuzione di beni. In questo modo, e sebbene l’interpello non lo menzioni, il fatto che l’attività di mining sia considerata un’attività economica ai sensi dell’IAE, e dato che sia tale imposta (art. 79.1 TRLRHL) sia l’IRPEF (art. 27.1 LIRPEF) condividono la stessa definizione di attività economica, si può concludere che la percezione di redditi derivanti dall’attività di mining di criptovalute è soggetta a tassazione come reddito da attività economiche. I proventi ottenuti saranno valutati al prezzo di mercato della criptovaluta al momento della loro corresponsione, rappresentando questo il valore di acquisizione per future cessioni. Sarà comunque interessante attendere un pronunciamento espresso da parte della DGT o della giurisprudenza che certifichi in modo esplicito la qualificazione di questo tipo di reddito nell’ambito dell’IRPEF. I redditi saranno quantificati secondo le regole stabilite negli artt. 27–32 della LIRPEF, integrandosi nella base imponibile generale (artt. 45 e 48 LIRPEF).
- Plusvalenze o minusvalenze patrimoniali: Per quanto riguarda la qualificazione del reddito percepito come plusvalenza patrimoniale, l’art. 33.1 della LIRPEF prevede espressamente il carattere residuale delle plusvalenze e minusvalenze rispetto alle due qualificazioni precedenti. Pertanto, tenendo conto che l’attività di mining deve considerarsi come attività economica, saranno pochi i casi in cui si potrà sostenere che il miner non soddisfa i requisiti dell’art. 27.
PRECISAZIONI: IVA
Pur considerando l’attività di mining come una prestazione di servizi ai fini della sua tassazione nell’IRPEF come attività economica, la DGT, nell’ambito dell’imposizione indiretta, ha indicato nel suo interpello V3625-16 che l’attività di mining non dà luogo a una situazione in cui esiste una relazione tra il fornitore del servizio e il destinatario dello stesso, concludendo che <<la mancanza di una relazione diretta tra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto nei termini indicati comporta che i servizi di mining oggetto dell’interpello non siano soggetti all’Imposta sul Valore Aggiunto>>.
Questa interpretazione può entrare in contrasto con la precedente qualificazione dell’attività di mining come attività economica; tuttavia, può essere difesa in base al principio di compartimentazione secondo cui il criterio della DGT in materia di IVA non si applica nell’ambito dell’imposizione diretta e, pertanto, nell’IRPEF esiste una vera e propria prestazione di servizi.
II. Trasmissione di criptovalute nel mercato secondario
D’altra parte, abbiamo il mercato secondario, che è il più comune e quello in cui operano maggiormente le persone che non hanno l’investimento in criptoasset come attività professionale. Qui parliamo di un contesto finanziario in cui l’asset precedentemente emesso (nel mercato primario) viene comprato e venduto tra investitori. Pertanto, in questo mercato non si crea la criptovaluta in sé, ma si crea un’interfaccia affinché gli utenti possano scambiare le proprie criptovalute al valore stabilito da ciascuna.
Definiti entrambi i mercati (primario e secondario), possiamo affermare che essi sono intimamente collegati tra loro, considerando che la generazione e l’assegnazione delle criptovalute nel mercato primario derivano dalla risoluzione, da parte dei miner, dei problemi logico-matematici posti per confermare una transazione di criptovalute già esistente nel mercato secondario. Di conseguenza, vediamo come l’attività dei miner relativa alla risoluzione dei problemi matematici, in virtù della quale ricevono criptovalute di nuova emissione nel mercato primario, consenta di garantire transazioni nel mercato secondario.
Detto ciò, nel valutare come classificare nell’IRPEF il reddito derivante dalla trasmissione di criptovalute nel mercato secondario, è fondamentale distinguere se l’operazione oggetto di imposizione venga effettuata da un professionista nell’ambito della sua attività professionale oppure da un privato a titolo personale al di fuori dell’ambito professionale.
Per questo, risulta fondamentale distinguere i due seguenti scenari:
Trasmissione di criptovalute da parte di professionisti
In questo caso parliamo della trasmissione di criptovalute da parte di persone fisiche o giuridiche la cui attività professionale si basa nella compravendita di asset digitali e nell’intermediazione in tali transazioni, ciò che nel gergo delle criptovalute viene definito come <<exchangers>>. Questi professionisti, per svolgere la loro attività, utilizzano siti web o piattaforme virtuali che mettono in contatto gli offerenti e i richiedenti di criptovalute, ricevendo una commissione come corrispettivo per i loro servizi. Qui dobbiamo capire che il reddito ottenuto da parte dei <<exchangers>> nell’ambito della loro attività professionale si classificherebbe come reddito da attività economiche ai sensi di quanto disposto dall’art. 27 della LIRPEF. Ciò in quanto: (I) sono redditi provenienti dal lavoro personale e/o dal capitale e, (II) il <<exchanger>> realizza un’organizzazione in proprio dei mezzi di produzione e/o delle risorse umane con la finalità di intervenire nella produzione o distribuzione di beni. Tali redditi saranno integrati nella base imponibile generale dell’IRPEF del professionista contribuente e saranno determinati conformemente al metodo di stima diretta, sia nella sua modalità ordinaria che semplificata, sulla base delle regole di calcolo dell’art. 28 della LIRPEF.
Trasmissione di criptovalute da parte di privati che non svolgono attività professionale
Questo scenario è forse il più comune, dato che la proliferazione di piattaforme di <<exchanges>>, come Binance o Coinbase, ha facilitato e avvicinato l’investitore privato al mondo delle criptovalute. Questo tipo di investitore di solito acquista criptovalute a un determinato prezzo e, successivamente, le cede:
- In cambio di una valuta: In questo caso la criptovaluta viene ceduta come un asset in sé e si ricevono in cambio euro o qualsiasi altra valuta estera a corso legale, il che comporterebbe una compravendita.
- In cambio di un’altra criptovaluta: In questo caso numerosi interpelli vincolanti della DGT (si veda l’interpello V2005-22) hanno dichiarato che si tratta di una permuta.
- In cambio dell’acquisizione di beni o servizi: Anche in questo caso si tratta di una permuta, considerando che avviene una cessione di criptovalute a un terzo che accetta tale cessione come mezzo di pagamento in corrispettivo dei beni/servizi forniti.
Determinazione della plusvalenza patrimoniale in reddito: calcolo
La quantificazione della plusvalenza patrimoniale sarà determinata dalla norma generale dell’art. 34 della LIRPEF, essendo questa la differenza tra i valori di acquisizione e di cessione delle criptovalute. Sia all’importo di acquisizione che a quello di cessione si imputeranno o si dedurranno quelle spese sostenute dall’acquirente, come ad esempio le commissioni addebitate dagli <<exchangers>>.
La plusvalenza o minusvalenza risultante sarà integrata nella base imponibile del risparmio, dove le aliquote attualmente oscillano tra il 19% e il 28%. Le perdite derivanti dalla cessione di una criptovaluta saranno compensabili con le plusvalenze ottenute dalla cessione di un’altra criptovaluta e, anche se dopo aver compensato le perdite con le plusvalenze patrimoniali dovesse ancora rimanere un saldo negativo, questo può essere compensato fino al 25% dei redditi da capitale mobiliare (interessi su conti bancari, obbligazioni, bond, dividendi azionari e, in generale, titoli a reddito fisso), che rappresentano una tipologia di reddito diversa dalla plusvalenza patrimoniale.
Allo stesso modo, se nell’anno della perdita il contribuente non ha sufficienti plusvalenze o redditi da capitale mobiliare da compensare, può rinviare la compensazione ai quattro esercizi fiscali successivi.
PRECISAZIONI
L’IRPEF non tassa come plusvalenze patrimoniali le plusvalenze latenti o non realizzate, per cui la variazione del valore delle criptovalute possedute dal contribuente nel proprio portafoglio, prodotta dalla fluttuazione del mercato, non genera di per sé una plusvalenza patrimoniale imponibile nell’IRPEF.
Sebbene la semplice detenzione di criptovalute non generi il presupposto d’imposta per essere tassata nell’IRPEF, ciò non impedisce che, nel caso in cui il contribuente sia soggetto passivo dell’Imposta sul Patrimonio, debba dichiarare il valore delle criptovalute possedute nel proprio portafoglio al 31 dicembre.
Per quanto riguarda lo <<staking>> – ottenimento di guadagni depositando determinate criptovalute in portafogli digitali –, la DGT è stata chiara, qualificando tali redditi come redditi da capitale mobiliare ottenuti dalla concessione a terzi di capitali propri, da integrare nella base imponibile del risparmio (si veda interpello V1766-22).
Detto ciò, in tutti i casi sopra citati, nel valutare il reddito ottenuto dal contribuente come risultato della cessione o dello scambio di criptovalute, è imprescindibile riferirsi al concetto di plusvalenza e minusvalenza patrimoniale definito nell’art. 33 della LIRPEF. Secondo questo precetto, si intende che esista una plusvalenza o minusvalenza patrimoniale ogniqualvolta si verifichino i tre requisiti seguenti: – Che si generi una variazione nel valore del patrimonio del contribuente. – Che la variazione generata derivi da una modifica nella composizione del patrimonio. – Che il reddito generato non sia qualificato dalla normativa legale come reddito da lavoro, da attività economica o da capitale mobiliare. In linea generale, quindi, la cessione o permuta di criptovalute da parte di quegli investitori privati si qualificherebbe come plusvalenza o minusvalenza patrimoniale ai fini dell’IRPEF.
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